Società

Femminicidio, l’urlo delle Scarpette Rosse

SAN SEBASTIANO AL VESUVIO (NA) Sono oltre 160 le paia di scarpe che mercoledì 8 marzo, a partire dalle 9.30, saranno posizionate in piazza Capasso per Zapatos Rojos / Scarpette Rosse, il progetto d’arte pubblica di Elina Chauvet che da Ciudad Juarez, Messico, farà tappa nella cittadina vesuviana.

Scarpette rosse come il sangue delle donne vittime di una cultura malata, donne che non hanno saputo o potuto trovare la voce per urlare le violenze subite. Zapatos Rojos è il loro urlo silenzioso, e non urlano invano.

Il progetto-denuncia, che assume la forma di un’installazione composta da scarpe rosse femminili per puntare il dito contro il femminicidio e la violenza di genere, è promosso dall’Amministrazione comunale su iniziativa dell’Assessorato alla Cultura ed alla Pubblica Istruzione guidato da Assia Filosa.

Zapatos Rojos / Scarpette Rosse si realizza in collaborazione con la rete civica formata dai due istituti di istruzione superiore Gaetano Salvemini e Salvatore Di Giacomo, il centro antiviolenza Dafne, i servizi sociali territoriali, le associazioni e i cittadini.

«È solo grazie al loro impegno – precisa il sindaco di San Sebastiano al Vesuvio, Salvatore Sannino – che oggi possiamo ospitare sul nostro territorio una replica del progetto internazionale di Elina Chauvet che ci pone in linea con le capitali europee, consentendoci, inoltre, di fare un ulteriore passo per rendere la nostra una comunità a misura di donne e bambini, sempre più impegnata nel contrasto ad ogni forma di sopruso e violenza».

Curato in Italia da Francesca Guerisoli, l’installazione è partita nel 2009 da Juárez, città di frontiera nel Nord del Messico, tragicamente nota come “la cittadina che divora le sue figlie”, dove è stato utilizzato per la prima volta il termine femminicidio per parlare di omicidio di genere.

Elina Chauvet vive a Mazatlán, Sinaloa, ME. Ha cominciato come artista autodidatta, in seguito ha studiato pittura, ceramica e scultura e si è laureata in Architettura all’Universidad Autónoma de Cd. Juárez. Tra il 1996 e il 2012 ha esposto in 8 mostre personali ed in oltre 40 collettive negli stati di Sinaloa, Chihuahua e negli Stati Uniti, tra cui quattro Biennali Northwest (che rappresentano i cinque stati del Nord-ovest del Messico). Il suo lavoro ha ottenuto numerosi premi e menzioni speciali, tra cui due premi alla Biennale Noroeste. Ha anche ricevuto un finanziamento della Cultura e delle Arti della Commissione di Sinaloa per gli artisti nell’edizione 2006-2007 del suo progetto “Realtà della Realtà”. Tra il 2005 ed il 2006, ha esposto a Hollywood ed in Florida.  Elina anche ricevuto una sovvenzione completa per il suo progetto artistico “me and my sé” al Burning Man Festival’, in Nevada. E’ stata inoltre premiata con una borsa del Consiglio Comunale per lo sviluppo delle Culture e delle Arti di Chihuahua. Ha realizzato per la prima volta Zapatos Rojos nel 2009 a Cd. Juàrez con un’installazione composta da 33 paia di scarpe. Il progetto si è poi spostato in diverse città del Messico, in Texas ed in Argentina. E’ poi arrivato in Europa (Norvegia e Spagna) ed in Italia, a Milano, nel 2012. In seguito il progetto itinerante ha fatto tappa, tra le altre, nelle città di Genova, Lecce, Bergamo, Torino, Mandello del Lario, Andria e  Reggio Calabria.

In questa terra di mezzo al confine con gli Stati Uniti – scrive la Chauvet in una nota – dal 1993 centinaia di donne, per lo più giovanissime, vengono rapite, stuprate, mutilate ed assassinate. Di molte non sono stati restituiti nemmeno i corpi ed è stato possibile identificarle solo attraverso le loro scarpe.

«Le scarpe, raccolte attraverso una straordinaria catena di solidarietà e poi dipinte per lo più dagli studenti delle scuole aderenti, saranno sistemate in uno spazio urbano, di cui ridisegneranno l’estetica, visualizzando una marcia simbolica di donne assentiafferma l’assessore alla Cultura ed alla Pubblica Istruzione, Assia Filosa Zapatos Rojos è una rivolta silenziosa, un veicolo di comunicazione dall’impatto globale poiché invita a cambiare il pensiero sulla violenza sia fisica che psicologica e parla, attraverso l’arte, alla coscienza delle persone. Insomma, una battaglia per le donne e per lavorare alla costruzione di società migliori per le nuove generazioni. Un cambiamento sociale che deve passare per la politica e le istituzioni, oltre che per la scuola».

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