Fase 2, un pensiero a bambini e adolescenti
Il nostro medico Carlo Alfaro ci parla della Fase 2 della emergenza da Covid-19 o “fase di transizione”, che consiste nel passare dal “contenimento” al “mantenimento”
Il dottor Alfaro è Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, componente della Consulta Sanità del Comune di Sorrento, Consigliere Nazionale di SIMA e Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientificò-culturale SLAM
La pandemia da COVID-19 è stata paragonata a uno tsunami che ha travolto l’umanità. Nonostante bambini e adolescenti appaiano indiscutibilmente meno colpiti dal virus e con andamento molto meno grave e letale, hanno subito in Italia, come nel resto dei Paesi più coinvolti, le norme stringenti di lockdown, uniformemente sostenute dagli organi sanitari internazionali per contrastare la diffusione dell’epidemia, che li ha privati di colpo di tutti i riferimenti più importanti: rete affettiva e sociale, scuola, sport, laboratori e centri di aggregazione.
Inoltre, si sono dovuti confrontare quotidianamente con situazioni nuove e destabilizzanti come la paura, la malattia e la morte, accompagnate dalle immagini e dai toni inquietanti dei media.
Tutto ciò ha avuto inevitabili ripercussioni negative sulla loro qualità della vita e ha richiesto l’attivazione dei meccanismi di “resilienza” per elaborare e sopportare i momenti più difficili. Ora che entriamo nella post-emergenza, la “Fase 2”, o “di transizione”, col passaggio dal “contenimento” al “mantenimento”, è importante pensare ai bisogni di bambini e adolescenti, non solo nell’immediatezza della riapertura, ma con uno sguardo al lungo termine.
Gli effetti negativi del lockdown sui minori
Le misure restrittive hanno messo a rischio la salute mentale non solo degli adulti ma anche dei giovani. Sono tanti i sintomi di disagio segnalati a carico di bambini e ragazzi dopo due lunghi mesi di lockdown: sbalzi improvvisi di umore, episodi di rabbia e scatti di ira, noia, tristezza, preoccupazione, frustrazione, smarrimento, incertezza, comportamenti aggressivi e violenti, difficoltà nella gestione degli impegni, svogliatezza, apatia, demotivazione, sguardo spento e assente, insofferenza per la didattica a distanza e rifiuto di svolgere le attività proposte dai docenti, calo di concentrazione, stanchezza, tensioni e conflitti nel rapporto con i genitori, iperattività, irrequietezza, agitazione, impulsività, confusione, amarezza, delusione, scontentezza, ansia, depressione, cefalea, disturbi dell’alimentazione con bulimia o anoressia selettiva, turbe del sonno con insonnia o ipersonnia o inversione dei ritmi biologici, ipocondria con eccessiva paura nei confronti della salute propria e di genitori, fratelli, nonni, fobie e angosce.
Un altro rischio è il ritiro sociale: i minorenni potrebbero essere tentati a chiudersi in un mondo virtuale fatto di chat e video-game, avulso dal reale, con timore di confrontarsi con il mondo esterno, in quanto hanno interiorizzato la de-socializzazione, perdendo attitudine e volontà a creare rapporti, fino alla “sindrome dell’Hikikomori”, ovvero il «… fenomeno psichiatrico che si manifesta attraverso ritiro sociale, auto-esclusione dal mondo esterno, isolamento e rifiuto totale non solo per ogni forma di relazione, ma anche per la luce del sole.»
I disturbi psichici della quarantena possono essere solo fasi reattive transitorie, ma anche i primi segnali di una malattia mentale in evoluzione che è stata slatentizzata dallo stress contingente. Per questo è importante indagarli.
Uno studio pubblicato su Jama Pediatrics che ha coinvolto 2.330 alunni di due scuole elementari cinesi ha dimostrato che, a causa delle restrizioni alla loro vita sociale e alle attività all’aperto, oltre il 22% dei bambini di 6-10 anni ha sviluppato sintomi depressivi e quasi il 19% sintomi di ansia.
In Italia, uno studio dell’associazione di psicologi, Donne e qualità della vita, su oltre 600 ragazzi dai 12 ai 19 anni ha trovato sintomi depressivi a causa del lockdown in un adolescente su tre. La Società italiana di medicina dell’adolescenza (Sima) ha messo a disposizione sul proprio sito web un questionario elaborato in collaborazione con Child in Mind Lab (Università – Vita e Salute Milano) accessibile a tutti in forma anonima, per fotografare la situazione emotiva dei ragazzi nella fascia 11-18 anni in questo drammatico momento. L’analisi dei dati servirà agli esperti per studiare degli interventi di supporto e riparazione.
Le cause del disagio
Tante le cause in gioco in questo disagio dei bambini e adolescenti in quarantena forzata:
- la privazione dei punti di riferimento che diventa per loro un vero e proprio “lutto”: parenti, docenti, scuola, compagni, sport, attività extrascolastiche fatte fuori casa in compagnia di altre persone, hobbies, riunioni, passeggiate, feste, caffè, pranzi, cene, eventi;
- l’alterazione dei ritmi e delle routine giornaliere;
- l’abuso di schermi, tablet, cellulari; la mancanza dell’attività fisica e del gioco con i pari;
- le tematiche di angoscia di morte e paura dell’estraneo inevitabilmente generate dalle norme di distanziamento sociale e dallo spettro degli asintomatici contagiosi;
- l’ambivalenza tra dipendenza e autonomia.
Gli adulti hanno detto in pratica ai bambini all’inizio dell’isolamento: fuori c’è un “uomo nero”, il virus cattivo, che vuole, tramite te, fare male ai nonni perciò non devi uscire e non devi vedere nessuno. Panico del bambino: «Come farò adesso?»
Poi- la resilienza- la valutazione dei vantaggi secondari: «Non devo affrontare il mondo esterno, mamma e papà sono sempre con me e a mia disposizione, la casa è il mio nido sicuro che mi accoglie, protegge e coccola, le relazioni con gli altri sono mediate da internet e quindi meno coinvolgenti.» In pratica: «La dipendenza non mi dispiace, in fondo.»
Ma poi, la spinta all’autonomia, che è un compito evolutivo, preme! E allora il conflitto tra il desiderio di rimanere in casa accuditi “per sempre”, anche perché fuori c’è sempre il virus “nero”, e il bisogno fisiologico di crescere che significa venir fuori, evolvere, emanciparsi.
Da questa ambivalenza tanti comportamenti di crisi, tra regressioni e aggressioni.
Le nuove norme
Le nuove norme in vigore dal 4 maggio aprono uno spiraglio per bambini e ragazzi, consentendo loro di vedere gli amati nonni, ma non gli amici, che pure sono così importanti per il loro equilibrio psico-emotivo. Importante sarà per loro anche poter tornare all’aria aperta, che è vitale per la vitamina D, che viene sviluppata dall’esposizione della cute alla luce del sole, e per l’attività motoria, per contrastare il rischio di sedentarietà e obesità favorite dal prolungato confinamento domestico.
Il movimento all’aria aperta, fondamentale per il benessere psico-fisico a breve e lungo termine, andrà ripreso con gradualità e costanza in tutte le fasce di età. Bisognerà sempre comunque rispettare il distanziamento di almeno 1 metro tra le persone, che forse sarà difficile da spiegare ai bambini piccoli.
Se poi si pratica attività fisica, considerando che essa aumenta la frequenza e la profondità degli atti respiratori e di conseguenza l’ingresso delle goccioline inspirate nelle vie aeree, si consiglia di aumentare la distanza di sicurezza ad almeno 5 metri durante le varie attività, e addirittura 20 metri nel caso del ciclismo.
I problemi della didattica a distanza
Non riaprendo le scuole, 10 milioni di under 18 in Italia rimangono a casa. Continua la didattica a distanza, che è stata così utile, oltre che per i contenuti informativi ed educativi, per organizzare la giornata dei ragazzi mantenendo orari e impegni.
Tuttavia, è auspicabile comprensione da parte del corpo docente sul fatto che questo tipo di apprendimento rappresenta una modalità nuova e stancante, quindi sarebbe preferibile non applicare troppo rigore soprattutto in questa fase finale dell’anno scolastico, tenendo conto del bisogno fisiologico dei giovani di aver modo di diversificare le attività per distrarsi e gratificarsi e di non essere impegnati troppe ore sullo schermo, che già usano molto per mantenersi in contatto con il mondo esterno.
La chiusura delle scuole ha rappresentato una scelta molto pesante per i bambini e le famiglie, e anche molto discussa. C’è chi ne mette in dubbio la validità dato che le prove ad oggi disponibili suggeriscono che i bambini siano meno infettivi degli adulti (tasso di contagiosità nei bambini del 4% rispetto al 17% negli adulti).
Inoltre, una ricerca del London University College pubblicata su The Lancet Child & Adolescent Health e basata sulla revisione di tutte le evidenze disponibili emerse da 16 studi, dimostrerebbe che la scelta di chiudere le scuole per contenere il numero dei contagi sia più efficace in occasioni di epidemie di virus con una bassa trasmissibilità e che attaccano principalmente i bambini, caratteristiche opposte a quelle del COVID-19. Gli autori concludono che i benefici per la salute pubblica delle chiusure scolastiche non sono proporzionati ai costi sociali ed economici per i bambini e le famiglie.
L’impatto negativo della chiusura prolungata delle scuole contempla diversi punti:
- l’importanza essenziale per bambini e ragazzi di relazioni sociali dirette e reali per il loro equilibrato sviluppo;
- i rischi per i minori di famiglie povere, che hanno difficoltà a studiare a casa, per sovraffollamento, mancanza di spazi, assenza di computer e internet (la didattica a distanza secondo i dati del Ministero dell’istruzione non ha raggiunto il 20% degli studenti);
- la difficoltà di gestione dei piccoli se i genitori tornano a lavorare, dato che affidarli ai nonni non è consigliabile per il loro particolare rischio nei confronti del COVID-19.
In Norvegia, il 20 aprile hanno riaperto gli asili nido e dal 27 anche le altre scuole, in Germania le scuole hanno riaperto dal 27 aprile al 3 maggio, in Francia e Gran Bretagna si pensa di riaprire dall’11 maggio, in Spagna si punta a giugno, in Islanda asili e scuole elementari non hanno mai chiuso, in Svezia nemmeno le medie.
Le soluzioni per convivere con la fase 2
In pratica, le indicazioni per affrontare al meglio la Fase 2 dei nostri bambini e ragazzi prevedono: non escluderli da ciò che succede, parlare con loro, metterli a parte delle proprie difficoltà, spiegar loro cosa sta accadendo con parole che possano capire, ascoltare le loro paure, chiarire i loro dubbi, aiutarli a discriminare le fake-news che confondono, permettergli di riconoscere e accettare anche i pensieri e le emozioni dolorose, la paura, la rabbia, la collera, la tristezza, senza lottare contro di essi, evitarli o cercare di liberarsene o allontanarli, spiegandogli che quando ci troviamo ad affrontare emozioni difficili, l’unico modo per superarle è attraversarle. È importante mantenere sempre una certa routine come orario di addormentamento e di risveglio, organizzazione della giornata tra video-lezioni, compiti, gioco, attività; incoraggiare l’esercizio fisico, in casa e ora anche fuori, coinvolgerli nei lavori di casa e nel cucinare, giocare assieme, lasciar loro tempo libero per svagarsi, socializzare o line o liberare la creatività.
È essenziale trasmettere al figlio l’idea che non deve avere paura perchè il virus prima o poi passerà e ci riapproprieremo del nostro mondo, ma lui non perderà mai l’attenzione che ha ricevuto in queste settimane, perchè c’è sempre stata, solo che per la fretta del vivere prima non si vedeva come si vede ora.
Per ogni singolo caso va fatto un bilancio risorse/fragilità per potenziare le prime e supportare le seconde. La chiave di tutto è il dialogo: se nelle relazioni ci si capisce, lo stress e la tensione automaticamente si abbassano. È inutile agire sul comportamento, bisogna intervenire sul disagio che ne è alla radice.
Dal punto di vista più strettamente sanitario, cardini della Fase 2 sono la sorveglianza dei sintomi di sospetto ai fini di una diagnosi precoce, il contact tracing dopo la conferma di un caso, il rigoroso rispetto delle norme di igiene:
- lavare frequentemente le mani,
- mantenere le unghie corte e la cute idratata,
- evitare di toccarsi occhi, naso e bocca,
- praticare igiene respiratoria,
- togliersi le scarpe prima di entrare in casa,
- non scambiarsi bottiglie, bicchieri e posate,
- evitare la promiscuità e gli assembramenti,
- pulire regolarmente le superfici e i dispositivi elettronici,
- arieggiare bene gli ambienti,
- usare la mascherina (che viene proposta dalla Società italiana di pediatria non prima dei tre anni).
I minori a rischio
Sarà necessaria una particolare attenzione nei confronti di bambini e adolescenti in condizioni di svantaggio quali marginalità economica, esclusione sociale, povertà culturale ed educativa, disabilità, BES, malattie croniche, famiglie extra-comunitarie, bullismo, per i quali l’impatto dell’isolamento può essere più grave in rapporto alla paucità di risorse; su questa fascia saranno opportuni interventi mirati di supporto e recupero per evitare l’acuirsi di fragilità e diseguaglianze, potenziando anche il sistema integrato dei servizi sociali.