Dove vanno gli adolescenti italiani?
Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria all’ASLnapoli3sud, Consigliere nazionale Società italiana medicina dell’Adolescenza: dove vanno gli adolescenti italiani nel 2023? La risposta al Convegno SIMA
SEGRATE | CITTÁ METROPOLITANA DI MILANO – In che direzione vanno gli adolescenti italiani in questo 2023? Quali sono le vecchie e nuove sfide che chi si occupa di tutelare la loro salute deve affrontare?
La domanda sorge prepotente ora che la pandemia da Covid-19 ha fatto emergere e peggiorare una serie di malesseri, fisici e psico-emotivi, che si sono aggiunti alle problematiche già note da tempo.
Ha cercato di dare una risposta in merito basata sulle evidenze scientifiche e fornire spunti di riflessione e approfondimento il IV Corso residenziale di Adolescentologia, tenutosi il 17 dicembre 2022 nell’elegante e funzionale cornice dell’Hotel NH Milano 2.
L’evento è stato organizzato, in qualità di responsabile scientifico, come per le precedenti edizioni, dall’esperta di endocrinologia e adolescentologia Gabriella Pozzobon, dirigente medico di Pediatria all’Ospedale San Raffaele, Milano e past president della Società italiana di medicina dell’adolescenza.
Con l’intervento dei massimi esperti in adolescentologia in Italia, il Corso ha spaziato nei temi “caldi” della salute in adolescenza: l’obesità, la crescita staturale, il ritardo di sviluppo puberale, l’attività sportiva, il sonno, le infezioni, la vista, il seno, i disturbi della mente, la moderna gestione dei reati.
Di Obesità e adolescenza: cosa è cambiato ha parlato Graziano Grugni, dirigente all’Istituto Auxologico Italiano, nella sede dell’Ospedale di Piancavallo (VB), con la moderazione del professor Giuseppe Chiumello, storico direttore del Dipartimento di Pediatria dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
L’attuale prevalenza dell’obesità negli adolescenti, definita da un indice di massa corporea (BMI) uguale o superiore al 95° percentile per età e sesso, è raddoppiata rispetto a 30 anni fa. Sebbene la genetica e alcune condizioni patologiche, come ipotiroidismo o ipersurrenalismo, possano causare obesità, nella maggior parte degli adolescenti essa è il risultato di uno squilibrio tra apporto calorico – spesso inopportunamente alto negli adolescenti, dato che cominciano ad essere autonomi nella scelta e consumo dei pasti – e spesa energetica per il livello di attività, che diminuisce causa la dilagante sedentarietà. Benché la maggior parte delle complicanze legate all’obesità si verifichi in età adulta, gli adolescenti obesi hanno già più probabilità di soffrire di:
- ipertensione arteriosa,
- diabete di tipo 2,
- apnee notturne rispetto ai coetanei.
Inoltre, la maggior parte degli adolescenti obesi rimane tale in età adulta.
A causa dello stigma sociale nei confronti dell’obesità, molti adolescenti obesi soffrono anche di problemi psico-sociali. Il trattamento dell’obesità adolescenziale mira a conseguire un’alimentazione sana e uno stile di vita attivo, piuttosto che alla perdita di peso.
La farmacoterapia contro l’obesità viene limitata, per timori riguardo la sicurezza e il possibile uso improprio, agli adolescenti con un BMI maggiore o uguale a 35 kg/m2, oppure a 30 kg/m2 con malattia correlata al peso.
I farmaci anti-obesità approvati dalla FDA | Food and Drug Administration statunitense per l’uso negli adolescenti sono orlistat, liraglutide 3 mg e fentermina.
Orlistat richiederebbe monitoraggio dei livelli di vitamina D poiché può causare malassorbimento delle vitamine liposolubili e fentermina è approvata dalla Fda per l’uso a breve termine ma è controindicata se malattie cardiache e ipertensione non controllata. Setmelanotide, un agonista del recettore della melanocortina 4 (MC4), può essere usato per trattare pazienti di età pari o superiore a 6 anni con diverse forme di obesità monogenica. La chirurgia bariatrica, secondo le linee guida vigenti della SICOB | Società Italiana di Chirurgia dell’Obesità, va considerata per i soggetti in età evolutiva solo se BMI maggiore di 35 kg/m2 con almeno una comorbilità – esempio diabete mellito di tipo 2, dislipidemia, sindrome dell’ovaio policistico, ipertensione arteriosa, apnee ostruttive notturne, steatosi epatica – trattamento medico da almeno 6 mesi in un Centro specializzato, maturità scheletrica e sviluppo completato, capacità di aderire a programmi multidisciplinari pre e post operatori e possibilità di accedere a una struttura con supporto pediatrico specialistico.
La relazione Lo sport in adolescenza: perché? Quale? Quanto?, affidata al professor Mauro Marzorati, docente di Fisiologia Generale e dello Sport all’Università Cattolica, e moderata dal dottor Filippo Grassia, ha puntato i riflettori su quanto lo sport praticato in adolescenza in maniera sana ed equilibrata sia importante per lo sviluppo e il benessere psicofisico, la prevenzione delle malattie non trasmissibili dell’età adulta, la socializzazione, l’apprendimento di valori e stili di vita corretti.
Purtroppo, però, proprio in questa fascia di età sono comuni riduzione o abbandono della pratica (drop out sportivo): a 12-14 anni fino al 40% smette di fare sport, con punte più elevate tra le ragazze. Tra le cause, mancanza di motivazione, tempo, danaro o lo stress causato dalle pressioni dei genitori o degli allenatori. È pericoloso proporre ai giovani un modello di pratica sportiva in cui la competizione sia esasperata e il risultato l’unico aspetto rilevante: ciò comporta il rischio di insopportabile senso di responsabilità, sofferenze psichiche, ricorso al doping ed elevato drop out.
Nella relazione Sonno: come dormono i nostri ragazzi?, del professor Luigi Ferini-Strambi, primario del Centro di Medicina del Sonno e Ordinario di Neurologia alla Facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, con moderazione di Graziano Barer, Primario dell’Unità Operativa di Neonatologia e Patologia Neonatale e Pediatria al San Raffaele di Milano.
Il focus è stato sul “debito di sonno” in cui incorrono gli adolescenti, dormendo mediamente meno delle 8-10 ore raccomandate. Ciò ha un impatto negativo su comportamenti, umore, apprendimento, memoria e comporta un maggior rischio di soffrire di obesità e malattie cardiovascolari e metaboliche in età adulta.
Già gli adolescenti hanno una tendenza al ritardo nel bedtime – l’orario nel quale si va a dormire – a causa di un più tardivo rilascio di melatonina, anche se poi recupererebbero al mattino, ma questo non è possibile per gli orari scolastici.
A questi motivi biologici si aggiungono nel determinismo della perdita di sonno cause psico-sociali: gli impegni, lo stress (paure, ansie e turbolenze sociali, preoccupazioni scolastiche), l’assunzione di stimolanti (caffeina, alcolici, nicotina), l’abuso di dispositivi elettronici che, oltre ad interferire col riposo a causa degli stimoli mediatici, con la loro emissione luminosa sopprimono la produzione di melatonina.
La relazione Induzione della pubertà: quando e come? Punto di vista anglosassone, tenuta dalla dottoressa Assunta Albanese, pediatra endocrinologo operante a Londra, moderata da Armando Grossi, endocrinologo del Bambin Gesù e presidente della SIMA, si è incentrata su come sia gestire in modo ottimale il ritardo puberale, definito dalla mancanza di sviluppo puberale fino a 13 anni per la femmina e fino a 14 anni per il maschio.
Non sempre si tratta di una condizione patologica: può trattarsi infatti di un ritardo puberale costituzionale, una condizione spesso familiare, in soggetti sani, con storia clinica di statura inferiore a quella dei coetanei, ma con velocità di crescita normale rispetto all’età ossea, che può essere anche di 2 deviazioni standard inferiore alla media. Patologie organiche determinanti ritardo puberale (ipogonadismi) possono riguardare invece l’ipotalamo/ipofisi (ipogonadismo ipogonadotropo) o le gonadi (ipogonadismo ipergonadotropo).
Oltre che mirando l’intervento alla patologia di base, l’induzione della pubertà può essere ottenuta mediante terapia ormonale sostitutiva. L’approccio terapeutico deve essere il più possibile personalizzato in base alla storia clinica del paziente e ai suoi bisogni, e finalizzato allo sviluppo psico-sessuale globale del soggetto piuttosto che alla maturazione dei genitali e alla comparsa dei caratteri sessuali secondari.
Nel maschio, la terapia può basarsi su testosterone per via intramuscolare o anche tramite applicazioni cutanee (gel) o alternativamente su gonadotropine (analoghi degli ormoni ipofisari LH e FSH). Nella femmina si basa invece sull’uso combinato di estradiolo e progesterone (attualmente disponibili anche preparati di estradiolo transdermico e di progesterone micronizzato).
La bassa statura in adolescenza: quale trattamento? è stato il titolo della relazione della responsabile scientifica del Corso, Gabriella Pozzobon, moderata da Maria Pia Cicalese, dirigente al San Raffaele dell’Unità operativa di Pediatria ad indirizzo immunoematologico.
La Pozzobon si è concentrata in particolare sull’impatto della bassa statura sulla qualità di vita dei pazienti adolescenti e delle loro famiglie. Essendo la statura un parametro fisico immediatamente constatabile ed essendoci un giudizio universalmente positivo sull’altezza, gli adolescenti di bassa statura possono essere esposti a disagio, bullismo, isolamento sociale, comportamenti infantili e dipendenti dagli adulti, a prescindere dalla causa della scarsa crescita.
La terapia con ormone della crescita (GH) serve ad aumentare la velocità di crescita e normalizzare la statura. Alcuni studi hanno evidenziato che i pazienti che ricevono un trattamento con GH percepiscono un miglioramento della propria qualità di vita prima ancora degli effetti sulla statura, grazie all’impatto positivo derivante dalla fiducia dello stare facendo qualcosa per sé stessi e il proprio futuro.
Le dottoresse Rossella Gaudino, ricercatore di endocrinologia pediatrica all’Università di Verona, e Paola Gallia, pediatra di Milano, hanno moderato l’interessante sessione L’adolescente e problematiche emergenti.
Di Infettivologia ha parlato Vania Giacomet, professore associato presso il Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche, Pediatria Generale e Specialistica dell’Ospedale Luigi Sacco.
Gli adolescenti sono tra le categorie più a rischio di contrarre infezioni sessualmente trasmissibili (Ist), sia per motivi biologici (tessuti genitali ancora immaturi e dunque più recettivi, minori difese locali e immunitarie) che comportamentali (carenze educative, bassa percezione del rischio di infezione, comportamenti a rischio quali la crescente precocità dei rapporti e del numero di partner e l’assenza di protezione adeguata).
Secondo l’Oms, dei 499 milioni nuovi casi annuali di Ist nel mondo, circa i 2/3 interessano giovani sotto i 25 anni di età, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Anche in Europa comunque i casi sono in continua crescita, con alcuni Paesi che fungono da “serbatoio”, in primis la Gran Bretagna con 500.000 casi all’anno. Il decorso spesso asintomatico delle infezioni non esclude, anche negli adolescenti, le complicanze a lungo termine sulla salute generale e su quella riproduttiva, quali la malattia infiammatoria pelvica (PID), che può essere responsabile di lesioni tubariche, gravidanze ectopiche, infertilità.
Causa comune di PID è l’infezione da clamidia, spesso ricorrente (le recidive aumentano il rischio di complicazione). Il grado di conoscenza sulle Ist e le loro modalità di prevenzione è risultato peraltro insufficiente negli adolescenti in molte indagini mirate, Oltretutto spesso, pur avendone consapevolezza, i loro comportamenti non sono adeguati ai rischi. Infine, sovente è carente o tardivo il ricorso ai servizi sanitari, per ignoranza, vergogna, timore dello stigma sociale.
La comorbilità è un problema importante: avere una qualsiasi Ist triplica per esempio il rischio di infezione da HIV.
Di Oftalmologia si è occupata Elisabetta Miserocchi, professore associato di Oftalmologia presso l’Università Vita e Salute dell’Ospedale San Raffaele di Milano. I difetti di rifrazione – ipermetropia, astigmatismo, miopia – spesso si manifestano alla pubertà. Più a rischio gli adolescenti nella cui famiglia ci siano altri casi.
Lo stress visivo digitale da cellulari, tablet e computer durante la pandemia, ha causato un forte aumento dei casi di miopia tra gli adolescenti, denunciata da sintomi come mal di testa, vista sfocata e bruciore agli occhi. Possono manifestarsi in adolescenza anche il cheratocono o tutta la patologia infettiva e traumatica dell’occhio.
Di Psicologia medica in adolescenza ha parlato la professoressa Anna Ogliari, responsabile del Servizio di Psicopatologia dello Sviluppo al Centro Disturbi del Comportamento Alimentare dell’Ospedale San Raffaele di Milano.
I problemi psicosociali sono frequenti nell’adolescenza per le intrinseche difficoltà legate alla transizione dall’infanzia all’età adulta. Può essere difficile, senza un intervento specialistico, distinguere i disturbi normali legati alla crisi adolescenziale dai sintomi di rilevanza clinica. Il loro mancato riconoscimento può d’altro canto condizionare la qualità di vita, i comportamenti e il benessere psico-fisico del giovane e determinare la compromissione della salute fisica e mentale futura.
Risulta maggiore in adolescenza che nelle altre epoche dell’età evolutiva la prevalenza di depressione, ansia, ideazione suicidaria (il suicidio nel mondo è la quarta causa di morte fra i 15 e i 19 anni, ma in Europa occidentale diventa la seconda, dopo gli incidenti stradali), disturbi del comportamento alimentare, disturbi del comportamento dirompente (p. es., disturbo da deficit di attenzione/iperattività, disturbo di condotta, disturbo oppositivo provocatorio), disturbo ossessivo-compulsivo, psicosi (es. schizofrenia), manifestazioni psico-somatiche (quali stanchezza cronica, vertigini, cefalea, dolori addominali o al torace).
A livello globale, si stima che 1 adolescente su 7 tra i 10 ed i 19 anni soffra di un disturbo mentale. La pandemia di Covid-19, con i conseguenti cambiamenti nelle abitudini quotidiane e il forte impatto emotivo, ha pesantemente influito sulla salute mentale di molti adolescenti.
Laura Suman, dirigente di senologia all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, ha discusso di Senologia nell’adolescente. Sebbene la patologia della ghiandola mammaria in adolescenza sia quasi esclusivamente benigna, la prevenzione del cancro del seno, la più frequente malattia oncologica del genere femminile, ma anche una fra le più controllabili e guaribili (se la diagnosi viene posta in fase molto precoce, la percentuale di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi supera il 98% dei casi), inizia già in adolescenza, attraverso l’autoesame del seno, da eseguire ogni 3-4 mesi e per tutta la vita; la visita senologica e l’ecografia mammaria sono raccomandate poi dai 25 anni.
Le patologie per le quali invece un adolescente si rivolge al senologo comprendono piuttosto infiammazioni, noduli, inestetismi, malformazioni. Infine, l’ultima relazione è stata di stampo non clinico, ma legale-sociale: Adolescenti: incontrare la norma, incontrare l’altro, a cura di Daniele Brattoli, operatore sociale, educatore e mediatore dei conflitti a Milano. Moderato da Carlo Alfaro, l’esperto ha spiegato come la giustizia riparativa o giustizia rigenerativa possa essere applicata con successo nei conflitti o reati che coinvolgono gli adolescenti. Tale approccio consiste nel considerare il reato in termini non meramente formali (come condotta corrispondente ad una fattispecie astratta descritta da una norma penale), bensì principalmente in termini di danno alle persone, da cui consegue l’obbligo, per l’autore del reato, di rimediare alle conseguenze lesive della sua condotta, attraverso un confronto attivo con la vittima alla ricerca di soluzioni che abbiano riguardo in primo luogo dei bisogni della vittima. Per far questo, è necessario che siano coinvolti, nella ricerca della soluzione riparativa, gli entourages di relazioni dell’offensore e della vittima e l’intera comunità cui appartengono.