Dieta vegetariana, fa bene o fa male?
Il nostro medico Carlo Alfaro mette in evidenza gli effetti e i benefici, e i pro e i contro di una dieta vegetariana o vegana
Il dottor Alfaro è Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, componente della Consulta Sanità del Comune di Sorrento, Consigliere Nazionale di SIMA e Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientificò-culturale
Il numero di vegetariani in Italia è in crescita, l’ultima stima Eurispes relativa al gennaio 2020 riporta che è vegetariano il 6,7% dei cittadini, il 2,2% è vegano, per un totale dell’8,9% della popolazione. Nei regimi alimentari vegetariani e soprattutto vegani possono verificarsi delle criticità nutrizionali che possiamo così schematicamente riassumere:
- Scarso “valore biologico” delle proteine. Il valore biologico di una proteina dipende dal suo contenuto in aminoacidi “essenziali”, che il nostro organismo non è in grado di sintetizzare: se mancano tali aminoacidi nelle proteine di un alimento, il suo valore proteico scende. Gli alimenti vegetali sono carenti in taluni aminoacidi essenziali, per cui è necessario combinare attentamente quelli in cui mancano alcuni aminoacidi con altri che li contengono, per esempio, associare i legumi, che hanno la metionina come aminoacido essenziale “limitante” (ossia carente), ai cereali, in cui è la lisina invece l’aminoacido essenziale limitante, oppure inserire gli pseudocereali (quinoa, grano saraceno e amaranto) definiti così perché farine di piante dicotiledoni, a differenza delle graminacee (i veri cereali) che sono piante monocotiledoni. Gli pseudocereali, diversamente dai cereali, hanno un contenuto di aminoacidi essenziali più equilibrato, per cui hanno un più elevato valore biologico e non è necessario siano combinati con altri alimenti proteici. La quinoa oltretutto è molto ricca di minerali come fosforo, magnesio e zinco, di preziosi grassi insaturi, ed è indicata per l’alimentazione dei celiaci perché priva di glutine. Fonti proteiche importanti nella dieta vegana sono, oltre agli pseudo-cereali e ai cereali, i legumi (su tutti la soia secca), il seitan (ricavato dal glutine di grano tenero), il tempeh (dai semi di soia gialla), il tofu (originato dalla cagliatura dei semi di soia).
- Carenza di ferro. Il ferro contenuto nei vegetali è di tipo non-eme, meno biodisponibile. Occorre fornire cereali arricchiti con supplementi di ferro e a mantenere alto l’apporto di acido ascorbico (vitamina C), che aumenta la biodisponibilità del ferro. Oltre a causare anemia, la carenza di ferro in gravidanza o nei primi anni di vita è stata messa in relazione con una maggiore frequenza di ansia, depressione e schizofrenia in età adulta.
- Carenza di vitamina B12. Il deficit di vitamina B12 è la carenza più importante di una dieta vegana, che ne fornisce meno del 20% della Dose Giornaliera Raccomandata. La vitamina B12 è sintetizzata in natura solo da alcuni microrganismi e dalle alghe, quindi è assente negli altri alimenti di origine vegetale, fatta eccezione per piccole quantità derivanti da contaminazione microbica. Peraltro, la sua biodisponibilità nelle alghe varia da specie a specie e può essere molto bassa, inoltre vi sono alghe che contengono cospicue quantità di analoghi della vitamina B12 biologicamente inattivi che possono interferire con l’assorbimento delle forme attive della vitamina. La vitamina B12 è essenziale per la produzione di globuli rossi e per un corretto sviluppo cerebrale, attraverso la mielinizzazione delle fibre nervose, per cui la sua carenza danneggia i sistemi uditivo e visivo e interferisce con l’apprendimento e l’interazione sociale fino a quadri di franco ritardo dello sviluppo psicomotorio da atrofia cerebrale irreversibile. Sintomi da carenza di vitamina B12: anemia megaloblastica, anoressia, ipotonia, ritardo dello sviluppo neuro-motorio e degli organi di senso. I deficit di folati e vitamina B12 sono associati inoltre a un maggior rischio di depressione in età adulta. Lo screening dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma e del Meyer di Firenze ha evidenziato il triplicarsi, negli ultimi anni, dei casi di deficit di vitamina B12 in donne in gravidanza, causa il diffondersi di diete prive di alimenti animali e derivati.
- Carenza di vitamina D e di calcio, con rischio di scarsa mineralizzazione ossea e osteoporosi.
- Carenza di iodio, con problemi tiroidei.
- Carenza di zinco, che è stata associato a diversi disturbi comportamentali, cognitivi e motori.
- Carenza di acidi grassi Omega-3 (acido eicosapentaenoico- EPA- e acido docoesaenoico- DHA), che svolgono un ruolo essenziale per lo sviluppo cerebrale e le funzioni retiniche dalla nascita fino all’adolescenza, oltre che per la prevenzione delle malattie coronariche, dell’ipertensione, del cancro, del diabete e delle malattie infiammatorie e autoimmunitarie. Gli acidi grassi insaturi Omega 3 si trovano in abbondanza nel pesce grasso. L’unico presente in quantità rilevanti negli alimenti di origine vegetale è l’acido α-linolenico, le cui fonti principali sono alcuni semi (lino, canapa e chia) e i loro oli, le noci e alcune alghe, mentre EPA e DHA sono estremamente limitati negli alimenti vegetali; li troviamo solo in alcune alghe e in quantità minime.
- Eccesso di fibre alimentari, ossalati e fltati, responsabili di minore assorbimento dei minerali.
Tutte queste carenze, se non compensate, possono causare, nei bambini nati da donne che seguono diete restrittive durante gravidanza e allattamento o sottoposti a regimi vegetariani durante la crescita, ridotto accrescimento in altezza e peso e ritardo di sviluppo puberale.
Descritta anche maggior incidenza di ipospadia nei neonati di madri vegetariane strette. Gli studi infine indicano una forte associazione tra vegetarianismo e Disturbi della condotta alimentare (Dca).
Gli studi hanno trovato tuttavia anche numerosi vantaggi delle diete vegetariane:
- Controllo del peso: le persone che adottano la dieta vegetariana hanno un indice di massa corporea più basso (in media pesano circa il 10% in meno).
- Controllo della pressione arteriosa.
- Controllo dei livelli di glucosio nel sangue.
- Minore rischio di stipsi e calcolosi biliare.
- Effetto ipocolesterolemizzante (e quindi protettivo in senso cardiovascolare) grazie ai fitosteroli vegetali che, entrando in competizione nell’intestino con il colesterolo di origine animale ingerito con la dieta, ne riducono l’assorbimento.
- Modulazione della flora intestinale, grazie all’effetto dalle fibre vegetali sulla composizione del microbiota, con aumento dei batteri “buoni” che producono acidi grassi a catena corta (principale fonte di nutrimento delle cellule intestinali).
- Non sono chiari gli effetti sulle malattie cardio-vascolari e il cancro. Secondo uno studio condotto su 48.188 persone nell’arco di dieci anni e uscito su British Medical Journal 2019, i vegetariani hanno un minor rischio di cardiomiopatia ischemica ma superiore di ictus. Mangiare solo cibi vegetali invece non sembra proteggere le persone dal cancro, che sembra colpire in uguale misura sia i vegetariani che gli onnivori.
Per orientare chi sceglie la dieta vegetariana ad alimentarsi correttamente è stato elaborato il “PiattoVeg”, una guida nutrizionale per un’alimentazione vegetariana nutrizionalmente completa basata sui cibi della tradizione mediterranea. È formato dai 6 “spicchi” rappresentativi dei 6 gruppi alimentari alla base dell’alimentazione vegetariana (cereali, cibi proteici, verdura, frutta fresca, frutta secca e semi oleaginosi, grassi), il consumo variato dei quali, in forma non trasformata, permette di ottenere dalla dieta la gran parte dei nutrienti necessari.
Il PiattoVeg propone inoltre le raccomandazioni particolari per integrare ferro, Omega-3, calcio, vitamina B12, vitamina D, iodio e zinco, nutrienti che non sono automaticamente forniti dal consumo variato dei 6 gruppi principali. La quantità di cibo da consumare giornalmente, per ogni gruppo, è data dal numero di “porzioni” raccomandate, che rappresentano l’unità di misura delle quantità di cibo.
In conclusione, per gli adulti non ci sono rischi per la salute nel seguire un regime vegetariano, se ben condotto. Invece, non si hanno dati di sicurezza sugli effetti delle diete vegetariane/vegane della madre sullo sviluppo auxologico e/o psicomotorio del feto e del lattante nutrito al seno.
Per i noti effetti a breve e lungo termine dei deficit di alcuni nutrienti nel neonato e lattante, si raccomanda un attento monitoraggio nutrizionale della madre vegetariana/vegana, provvedendo alle integrazioni necessarie per evitare che possano verificarsi deficit della crescita, anemia e deficit neurologici.
Si raccomanda di continuare l’allattamento al seno almeno nei primi 2 anni di vita del figlio; se il lattante non è allattato al seno, si raccomanda di non somministrare bevande vegetali del commercio, ma formule, anche a base di proteine vegetali come riso o soia, adattate per lattanti. La dieta vegetariana va poi accuratamente monitorata, supportata e rinforzata durante tutto l’arco dell’età evolutiva fino al completamento dello sviluppo.