Certezze e dubbi sulla pandemia da Covid-19
Il nostro medico Carlo Alfaro ci parla della pandemia da Covid-19 e delle migliori strategie di diagnosi e terapia. Il video della Sima.
Il dottor Alfaro è Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, componente della Consulta Sanità del Comune di Sorrento, Consigliere Nazionale di SIMA e Responsabile del Settore Medicina e Chirurgia dell’Associazione Scientificò-culturale SLAM
L’11 marzo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha dichiarato lo stato di pandemia da Covid-19. Si parla di “pandemia”, secondo la definizione dell’Oms, quando una malattia raggiunge ampia diffusione in tutto il mondo, con coinvolgimento di almeno due continenti, e una sostenuta capacità di trasmissione interumana in più Paesi non collegati tra loro e con il focolaio originario dell’infezione. Si parla di “focolaio epidemico” quando una malattia infettiva provoca un aumento nel numero di casi rispetto a quanto atteso all’interno di una comunità o di una regione ben circoscritta. Invece con il termine “epidemia” si intende la diffusione elevata e in breve tempo di una malattia infettiva in una popolazione.
Quando l’Oms dichiara lo stato di pandemia, ogni Paese è tenuto a rispondere mettendo in atto un piano organizzato per gestire l’emergenza sanitaria, e che lo aggiorni costantemente sulla base delle linee guida dell’Oms. I piani pandemici prevedono misure per garantire più posti letto negli ospedali, potenziamento delle strutture di terapia intensiva, ampliamento del personale sanitario, approvvigionamento di farmaci, materiale sanitario, vaccini, implementazione delle campagne vaccinali. Quella da Covid-19 è la seconda pandemia di questo secolo, comparsa a 11 anni dalla pandemia da influenza A/H1N1, che nel 2009 colpì circa 1 miliardo di persone, causando 600.000 morti. La famosa “Spagnola”, del 1918, provocò circa 50 milioni di morti, superando il bilancio di vittime della Prima Guerra Mondiale; l’Asiatica del 1957 fece 1,1 milioni vittime, e la Hong Kong del 1968 uccise 1 milione di persone.
Diagnostica: a chi richiedere il tampone
La ricerca dell’infezione si effettua attraverso tampone rino-faringeo e test diagnostico Real Time PCR per SARS-CoV-2, che richiede per la risposta 1,5-2 giorni. Sono in fase di sperimentazione avanzata anche test rapidi che permettono di identificare l’infezione in poche ore.
Per sospettare un caso di Covid-19, e richiedere l’esecuzione di test diagnostico alla ricerca d’infezione da SARS-CoV-2 attraverso tampone rino-faringeo, è necessario, secondo le ultime disposizioni del Consiglio Superiore di Sanità, che una persona presenti una di queste due condizioni:
1) una infezione respiratoria acuta (insorgenza improvvisa di almeno uno tra i seguenti segni e sintomi: febbre, tosse e difficoltà respiratoria) senza un’altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica, associato a, nei 14 giorni precedenti l’insorgenza dei sintomi: a) storia di viaggi o residenza in un Paese/area in cui è segnalata trasmissione locale, oppure b) contatto stretto con un caso probabile (diagnosi effettuata nei Laboratori Regionali di Riferimento) o confermato (presso Laboratorio Nazionale di Riferimento dell’Istituto superiore di sanità) di Covid-19 (“contatto stretto” di un caso è definito come una persona che: a) ha vissuto nella stessa casa; b) ha avuto un contatto fisico diretto, come la stretta di mano; c) ha avuto un contatto diretto non protetto con le secrezioni, come toccare fazzoletti di carta usati; d) ha avuto un contatto diretto faccia a faccia a distanza minore di 2 metri e di durata maggiore a 15 minuti; e) è stato a contatto in ambiente chiuso, esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale, per almeno 15 minuti, a distanza minore di 2 metri; f) sia un operatore sanitario o altra persona che ha fornito assistenza diretta, o personale di laboratorio addetto alla manipolazione di campioni, senza l’impiego dei dispositivi di protezione individuale, DPI, raccomandati o mediante l’utilizzo di DPI non idonei; g) ha viaggiato seduto in aereo nei due posti adiacenti);
2) una infezione respiratoria acuta grave e che richieda il ricovero ospedaliero (SARI: Severe Acute Respiratory Infections) senza un’altra eziologia che spieghi pienamente la presentazione clinica. Nell’ambito dell’assistenza primaria o nel pronto soccorso ospedaliero, tutti i pazienti con sintomatologia di infezione respiratoria acuta devono essere considerati casi sospetti se in quell’area è stata segnalata trasmissione locale. Se tampone negativo, ma fondato sospetto clinico, si raccomanda esecuzione di secondo e anche terzo test nel corso dell’evoluzione successiva. E’ in corso nel mondo scientifico un dibattito riguardo la strategia migliore di utilizzo del test diagnostico: se sia più utile eseguire il tampone faringeo per la ricerca del virus a tappeto, anche ai pauci-sintomatici con una affezione delle vie respiratorie, pur senza collegamenti con le zone più a rischio o con persone contagiate (in virtù della presenza di un’epidemia ormai diffusa su gran parte del territorio italiano) e agli asintomatici esposti al contatto con persone malate (ad esempio le associazioni dei medici chiedono di estendere l’esecuzione del tampone a tutti i medici e pediatri di famiglia e guardie mediche che segnalino contatti diretti non protetti con pazienti affetti da Covid-19), come si è fatto in Corea o a Vò Euganeo in provincia di Padova, o seguire le indicazioni dell’Oms e del Centro europeo per il controllo delle malattie (Ecdc), che sono quelle adottate dal Ministero, di ricercare il virus solo in presenza di sintomi di un’infezione respiratoria sospetta per l’aver avuto contatti stretti con casi confermati o a rischio, o per la sua particolare virulenza.
I problemi correlati all’estensione a tappeto dei tamponi sono, essenzialmente:
1) la positività del test non fornisce indicazioni utili ai fini clinici o terapeutici, servirebbe solo all’isolamento, che va comunque rispettato a prescindere;
2) il tampone è la fotografia di un istante, durante i 14 giorni di incubazione del virus il tampone potrebbe essere negativo un giorno e positivizzarsi dopo 24-48 ore;
3) la scarsa fattibilità di tamponi su larga scala per problemi organizzativi e di disponibilità del materiale di esecuzione nei laboratori di riferimento, oltre ai costi;
4) la scarsa sensibilità del tampone: circa del 70%, il che significa una elevata percentuale di falsi negativi, per cui la sua negatività non esclude la presenza del Covid-19, specialmente nei casi poco sintomatici, e ciò può favorire il contagio perchè i falsi negativi non verrebbero isolati;
5) l’ampia diffusione, di tipo endemico, della malattia in zone come in Lombardia, con la stima di almeno 50 casi occulti per ogni caso diagnosticato, consigliano di applicare il metodo di Wuhan, di basarsi su anamnesi e clinica suggestivi, per identificare le persone da isolare.
Un problema da considerare è che il numero di tamponi che si effettuano influenza le stime sulla mortalità, perché se si fanno pochi tamponi e solo ai pazienti gravi la mortalità sembra altissima, se se ne fanno tanti, anche ai soggetti poco o per nulla sintomatici, salgono i positivi e il calcolo della mortalità scende.
Diagnostica: i segni e sintomi
Segni clinici suggestivi per la diagnosi sono: sintomatologia clinica simil-influenzale (ILI: “Influenza-Like Illness”, definita dall’improvviso e rapido insorgere di sintomi generali di febbre/febbricola, malessere/spossatezza, mal di testa, dolori ossei e muscolari, e sintomi respiratori di tosse secca e insistente, raffreddore, mal di gola, secchezza delle fauci, respiro affannoso; più raramente nausea, vomito, diarrea, ma sempre associati ai sintomi respiratori); nei casi più gravi, dispnea, polipnea, saturazione di ossigeno nel sangue inferiore al 93%, anche in assenza di sintomi generali importanti (la saturazione di O2 in caso di patologia polmonare si abbassa classicamente facendo una camminata di 6 minuti), fino a una sindrome respiratoria acuta grave con distress respiratorio, acidosi, shock settico, insufficienza multipla di organi e morte. Suggestivi per la diagnosi i reperti Rx Torace di polmonite interstiziale bilaterale (interstiziopatia o infiltrati polmonari bilaterali), l’Ecografia toracica (che è più operatore-dipendente) e soprattutto la Tac Torace (che ha elevata sensibilità diagnostica). Anche la laboratoristica può essere indicativa: leucopenia, linfopenia, trombocitopenia (più frequenti nelle forme gravi), aumento LDH, Pcr che aumenta con la gravità della malattia, Procalcitonina spesso negativa. Non ci sono ancora test sierologici affidabili per il SARS-CoV-2: le IgM non servono per una diagnosi precoce dato che non compaiono nei primi giorni di infezione. In pazienti gravi intubati, con tampone rino-faringeo negativo, il virus è identificato nel liquido di lavaggio bronco-alveolare (BAL). La grossa sfida diagnostica è rappresentata dal fatto che i sintomi si manifestano quando la carica virale è già alta, quindi le persone senza o con pochi sintomi contagiano liberamente.
Terapia
Non ci sono al momento, terapie specifiche contro la malattia Covid-19 causata dal nuovo Coronavirus SARS-CoV2: la cura consiste principalmente, nel trattamento dei sintomi e, nei casi più gravi, nel supporto meccanico alla respirazione. Ci sono comunque moltissime molecole in corso di studio, che vengono testate sui pazienti in trials clinici promossi dall’Oms. Secondo un’indagine della Genetic Engineering & Biotechnology News, le ricerche condotte in Cina, Europa e Stati Uniti si concentrano in particolar modo su 35 trattamenti in totale. Si tratta principalmente di molecole già usate ed efficaci nel trattamento di altre malattie infettive come l’Ebola, la Malaria o l’Aids, il che permette di risparmiare tempo, poiché sono farmaci già sviluppati, se ne conosce il meccanismo d’azione e vengono già prodotti su larga scala.
Molto interesse sui media italiani hanno destato i risultati incoraggianti contro la polmonite da Covid-19 del farmaco Tolicizumab, anticorpo monoclonale utilizzato per la cura dell’artrite reumatoide, che è stato usato in via sperimentale (off-label, cioè fuori dalle indicazioni comprovate e autorizzate per cui è registrato) in Cina, e all’Istituto tumori Pascale di Napoli su sei pazienti, e che la Roche ha messo a disposizione gratuitamente per le Regioni che ne faranno richiesta per il periodo dell’emergenza pandemica. Grazie a una task force tra Azienda dei colli e Istituto Pascale, è stato predisposto un protocollo operativo di ricerca che attraverso l’accordo tra Ministero della Salute e Aifa (Agenzia italiana del farmaco) sarà avviato come studio multicentrico su tutto il territorio nazionale, mentre già è in corso l’utilizzo in emergenza su altri 50 pazienti in tutta Italia. Naturalmente è necessario acquisire dati scientifici su ampia scala prima di poter dichiarare il farmaco efficace su morbilità e mortalità da Covid-19. Il farmaco non contrasta il Coronavirus ma combatte l’infiammazione polmonare. Il suo meccanismo è l’inibizione del recettore della Interleuchina 6 (IL-6), importante mediatore dell’infiammazione sistemica, per questo motivo il farmaco è anche usato in oncologia, per bloccare la sindrome da rilascio di citochine dopo una terapia con le cellule CAR-T. L’efficacia dell’anticorpo suggerisce che l’infiammazione massiva sia il meccanismo letale del Covid-19 a livello polmonare. Il rilascio di IL-6 sarebbe maggiore in determinate categorie di persone e ciò spiegherebbe le caratteristiche epidemiologiche dei contagiati: uomini di una certa età, soprattutto con più grasso viscerale (l’IL6 è prodotta anche dagli adipociti maturi) piuttosto che bambini e donne non obese, oltre a chiamare in gioco la predisposizione genetica. L’aumento di IL-6 dopo attività fisica intensa (il rilascio è favorito dalla contrazione muscolare) potrebbe essere la causa di forme gravi osservate in giovani podisti.
L’Aifa ha poi annunciato che l’Italia è tra i Paesi che testeranno l’antivirale Remdesivir, uno dei trattamenti sperimentali più promettenti per il trattamento del Covid-19, in due studi di fase 3, cioè clinica, in 5 ospedali di riferimento per la lotta al Coronavirus (Ospedale Sacco, Policlinico di Pavia, Azienda Ospedaliera di Padova, Azienda Ospedaliera Universitaria di Parma, Ospedale Spallanzani). Remdesivir non è ancora approvato dalle autorità regolatorie per uso terapeutico e viene fornito per uso compassionevole – al di fuori degli studi clinici – per il trattamento in emergenza di singoli pazienti affetti da Covid-19 in gravi condizioni e senza valide alternative terapeutiche. Il farmaco ha avuto efficacia soddisfacente contro il virus Ebola. Un antivirale ad ampio spettro testato negli studi clinici è Favipiravir, un inibitore dell’Rna polimerasi, già testato per l’influenza di tipo A e B. Utilizzato anche un farmaco vecchio di 70 anni, l’antimalarico Clorochina, dotata di attività antivirale (blocca l’ingresso del Coronavirus nella cellula ospite) e immunomodulante. Sembrano utili anche farmaci anti-HIV come la combinazione degli inibitori della proteasi dell’Hiv Ritonavir e Lapinivir, un cocktail usato anche contro la SARS. Questo cocktail viene anche testato in combinazione con altri farmaci, noti per inibire la replicazione di virus simili a SARS-CoV-2, come Ribavirin, analogo della guanosina e inibitore della sintesi dell’RNA, oppure degli inibitori della trascrittasi inversa, come Emitricitabina e Tenofovir alafenamide fumarato. Poiché SARS-Cov2, per entrare nelle cellule bersaglio, usa l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) e la Transmembrana proteasi serina 2 (TMPRSS2), il Camostat mesilato, un farmaco approvato in Giappone contro le pancreatiti, che inibisce proprio TMPRSS2, è stato proposto come terapia. Un altro approccio è utilizzare farmaci basati sugli anticorpi di chi è guarito. E’ in atto una petizione dei medici alle istituzioni italiane per far partire la raccolta del plasma da pazienti guariti per trattare gli infetti ad alto rischio. Infine, i vaccini: sono arrivati a 35 i vaccini candidati per il Coronavirus in tutto il mondo, sviluppati da 15 aziende e da 20 consorzi pubblico-privati. Solo pochi giorni fa l’Organizzazione mondiale della sanità ne aveva annunciati 20, ma lo sforzo mondiale ha visto moltiplicarsi le piattaforme di ricerca per far fronte all’emergenza. In ogni caso, anche iniziati i trial clinici di fase 1, occorrerà minimo un anno prima che questi vaccini possano essere disponibili per un uso clinico.
Il video della Società italiana di medicina dell’adolescenza
Di fronte a tante incertezze ancora sussistenti sul modo ideale di fronteggiare l’emergenza Covid-19, resta certo l’imperativo di frenare i contagi attuando il “distanziamento sociale”, come vogliono le regole sancite dal governo. La Società italiana di medicina dell’adolescenza, Sima, scende in campo con un video dedicato a chi non vorrebbe stare a casa, soprattutto i giovani, che sentono forte il richiamo della vita fuori le mura di casa e sono poco inclini per natura all’ossequio delle regole, per aumentare in loro la percezione del rischio che l’epidemia costituisce per sé e per i propri cari, soprattutto quelli più “fragili” come gli anziani. Protagonista del filmato, con gli hashtag #IORESTOACASA, FERMAIAMOLOINSIEME, #STOPCOVID19, Chiara Chiavetta, palermitana trapiantata a Bologna, diplomata come Attrice e laureata in Pedagogia Teatrale, che invita tutti noi a trovare cinque “buone ragioni” per restare a casa, come ha fatto lei.