Caldo, attenzione alle gastroenteriti
Carlo Alfaro, Dirigente Medico di Pediatria all’ASLnapoli3sud, Consigliere nazionale Società italiana medicina dell’Adolescenza, in questo periodo di gran caldo mette in guardia contro le malattie gastrointestinali
La gastroenterite di origine infettiva, dovuta a virus come Rotavirus, Norovirus, Adenovirus, o a batteri come Escherichia coli, Salmonella, Shigella e Campylobacter, più raramente a parassiti (Giardia) è comune in estate e può causare disidratazione. Si manifesta con nausea, anoressia, vomito, diarrea profusa, crampi addominali, febbre, malessere generale. La sua gravità si valuta in base al peso perduto e alla presenza di segni di compromissione generale (esempio, sete intensa, aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, infossamento dei globi oculari, secchezza delle mucose, perdita di turgore cutaneo, riduzione della diuresi, abbattimento, astenia, vertigini, torpore, confusione).
Il Norovirus, o virus di Norwalk, dal nome della città dell’Ohio centro di un’epidemia di gastroenterite nel 1968, è responsabile di epidemie di gastroenterite virale nelle comunità affollate, perché si diffonde facilmente, anche prima che si manifestino i sintomi o dagli asintomatici, e la contagiosità persiste per settimane anche dopo la guarigione. Il virus è presente nelle feci, nel vomito, nelle goccioline respiratorie delle persone infette, può contaminare mani, cibo, acqua, oggetti e superfici e tende alla persistenza e resistenza nell’ambiente. La trasmissione avviene direttamente da persona a persona, per via orofecale o via aerosol, oppure tramite acqua o cibo infetti, ma anche per contatto con superfici contaminate. Isolato e scoperto nel 1972, appartiene alla famiglia dei Caliciviridae, virus a singolo filamento di RNA. Il periodo di incubazione è di 12-48 ore. La durata della sintomatologia è dalle 12 ore ai 3 giorni. La malattia solitamente guarisce senza complicazioni. L’immunità dura solo alcuni mesi: dunque, ci si può sempre contagiare di nuovo. Non esiste vaccino o cura specifica. E’ responsabile di molte delle gastroenteriti che si diffondono tra i bambini anche in questo periodo.
Da settembre 2022 sta diffondendosi in Europa e Usa un’epidemia di Shigellosi, causata da un ceppo di Shigella sonnei (le quattro specie di batteri Shigella sono: sonnei, flexneri, boydii e dysenteriae), che mostra una resistenza già prevista a trimetoprim e streptomicina, ma in alcuni casi anche una resistenza multifarmaco. L’epidemia sarebbe partita tra i turisti nella regione di Santa Maria a Capo Verde, sull’isola di Sal. Gli esseri umani sono i principali serbatoi di Shigella. L’infezione si contrae attraverso: contatto orale con materiale contaminato da feci, contatto diretto da persona a persona, assunzione di cibo o acqua contaminati, contatto con oggetti contaminati da feci. La quantità di batterio necessaria per provocare l’infezione è piccola, il che aumenta la trasmissibilità. Non esiste vaccino.
Un allarme di questa estate è la diffusione di infezioni gravi nei neonati sostenute da un Enterovirus appartenente a una nuova variante di Echovirus-11 (E-11). Lo scorso maggio, l’allarme è partito dalla Francia, con la segnalazione di 9 casi tra luglio 2022 e aprile 2023 di sepsi grave in neonati provocata da questo ceppo virale, con epatite acuta e insufficienza multiorgano che ha portato a 7 decessi (purtroppo non disponiamo di una terapia antivirale specifica per questo virus). Tutti i casi segnalati presentavano uno o più segni clinici meno di sette giorni dopo la nascita, suggerendo una via di trasmissione da madre a figlio. Dopo l’alert diffuso dall’Organizzazione mondiale della sanità, i casi segnalati in tutta Europa fino al 26 giugno sono saliti a 26, in Croazia, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito. Sono 7 i casi confermati in Italia, tra aprile e giugno 2023, di cui 3 hanno richiesto il ricovero in Terapia intensiva neonatale. Gli Enterovirus sono un vasto gruppo di virus a RNA (oltre 100 tipi), appartenenti alla famiglia dei Picornavirus, fra i quali sono compresi echovirus, coxsachie A e B, polio, che possono causare varie manifestazioni cliniche, gastro-intestinali, respiratorie, esantematiche, spesso febbrili, ma anche sovente asintomatiche, e sono responsabili di epidemie annuali, generalmente lievi. Raramente possono causare interessamento cardiaco, cerebrale, epatico. Nei neonati, che possono contagiarsi durante o dopo il parto, la malattia può decorrere in modo più grave rispetto ai bambini più grandi e agli adulti. Nel Regno Unito sono stati segnalati anche casi di miocardite nei neonati causati da un altro ceppo di Enterovirus.
La cosiddetta “diarrea del viaggiatore” colpisce invece chi si reca in posti lontani da casa: il 20-50% di tutti i viaggiatori e fino all’80% dei turisti provenienti da Paesi ad elevato tenore igienico in vacanza in aree in via di sviluppo: Può essere causata da vari germi, soprattutto Escherichia coli produttori di enterotossina (ETEC), ma anche virus, parassiti. Sembra essere favorita da basso tenore igienico dell’ambiente e indebolimento delle difese dell’ospite per stress del viaggio, cambio di dieta, clima e abitudini. I sintomi, ad esordio acuto, contemplano: dolori addominali crampiformi, diarrea, nausea, vomito, meteorismo, malessere generale e a volte febbre; durano in genere pochi giorni. Può ripresentarsi anche più volte nel corso della vacanza. Sono identificate zone a rischio minimo (America del Nord, Europa occidentale, Australia), intermedio (Europa meridionale) e massimo (Africa, America Meridionale e Centrale, Medio Oriente, Sud-Est asiatico). La diarrea del viaggiatore è detta anche “vendetta di Montezuma”, in quanto la leggenda vuole che nel 1519 Montezuma, grande imperatore azteco, lanciò una maledizione contro le armate di conquistadores europei che volevano sottomettere la civiltà azteca, in virtù della quale gli invasori, a pochi giorni dallo sbarco, cadevano inesorabilmente preda di forti disturbi gastrointestinali. I soggetti a più alto rischio sono i bambini e la causa più comune è l’assunzione di verdura, frutta, legumi crudi, uova crude o poco cotte, pesci crudi, salse fatte in casa (come la maionese), budini o gelati di produzione artigianale fatti con latte non pastorizzato.
Un’altra infezione trasmessa dal cibo è la “Listeriosi”. Listeria monocytogenes è un batterio ubiquitario che può essere presente nel suolo, nell’acqua e nella vegetazione e può contaminare diversi alimenti in quanto è molto resistente e riesce a sopravvivere anche in basse temperature, pH acido, essiccamento, sale e conservanti, assenza di ossigeno (sottovuoto), mentre la cottura oltre i 65° lo uccide. Può albergare in latte non pastorizzato, formaggi molli, verdure crude, carni poco cotte, salumi, pesce affumicato come il salmone, patè, hot dog, panini e tramezzini pre-confezionati. Sono a rischio in particolare cibi pronti o refrigerati che non richiedono cottura prima di essere consumati. L’infezione può manifestarsi immediatamente dopo aver consumato gli alimenti contaminati, con vomito, nausea, diarrea, dolori addominali e muscolari, febbre, o complicarsi da 1 a 4 settimane (fino a 3 mesi) con una forma invasiva, con sepsi e meningo-encefalite, soprattutto in soggetti debilitati, immunodepressi e nelle donne in gravidanza.
Tra le malattie gastrointestinali prevalenti in estate, l’Epatite A. Si trasmette per via oro-fecale ed è endemica nei Paesi a basso sviluppo socio-economico. Frequentemente si acquisisce da frutti di mare non adeguatamente cotti. Se ci si reca in viaggio in Paesi in cui è endemica, indicata la vaccinazione.
Staphyloccus aureus è un batterio responsabile di intossicazioni alimentari che si manifestano entro 24-48 ore dall’assunzione dell’alimento contaminato, con diarrea, vomito, dolori addominali, febbre.
Il pesce crudo può contenere “Anisakis”, un verme (nematode) ubiquitario in tutti i mari del mondo, le cui larve si localizzano prevalentemente nella cavità viscerale (e talvolta anche nella muscolatura adiacente) di pesci e molluschi. Le specie maggiormente infestate sono alice, sardina, nasello, sgombro, pesce sciabola, sugherello, totano. L’uomo è un ospite accidentale nel ciclo biologico di Anisakis, quando ne ingerisce le larve, che non si sviluppano e non si trasmettono ad altri individui, ma danno solo sintomi da intossicazione acuta: dolori addominali, nausea e vomito, diarrea. Possono anche verificarsi manifestazioni allergiche: orticaria, congiuntivite, fino allo shock anafilattico. Complicazioni possono essere emorragie intestinali, mesenterite, appendicite, peritonite. L’anisakiasi si verifica nei Paesi dove il pesce viene consumato crudo, soprattutto in Scandinavia (fegato di merluzzo), in Giappone (sushi e sashimi), nei Paesi Bassi (aringhe in salamoia) e nella costa del Pacifico del Sud America (insalata di mare nota come “ceviche”). L’anisakiasi può essere prevenuta togliendo le viscere dal pesce prima possibile e attuando la cottura e/o il congelamento del pesce a temperature adeguate per un tempo sufficientemente lungo.
L’ossuriasi è una infestazione parassitaria intestinale che interessa prevalentemente bambini in età pre-scolare e scolare, favorita da carenza di igiene delle mani, condivisione di asciugamani, biancheria da letto, sanitari, giocattoli. Un prurito o bruciore intenso, avvertito nella zona perianale o genitale soprattutto durante la notte, è il sintomo principale, spesso associato a dolore addominale, diarrea, irrequietezza. Per la diagnosi si usa lo scotch test, applicando la mattina al risveglio senza lavare la parte un nastro adesivo sulla zona anale per poi esaminarlo al microscopio.
Le regole di prevenzione delle infezioni gastro-intestinali prevedono: lavare accuratamente e ripetutamente le mani con acqua e sapone; lavare bene gli alimenti; conservarli correttamente; mantenere la catena del freddo quando richiesto; non lasciarli all’aria dopo la cottura; consumare in tempi brevi quelli deperibili; tenere separati quelli crudi da quelli cotti; tenere puliti gli utensili, gli effetti e i posti in cui si conservano i cibi; scongelare in frigorifero o nel microonde o in acqua fredda, mai a temperatura ambiente; leggere sempre la data di scadenza e prestare la massima attenzione alle corrette modalità di conservazione, di preparazione e di consumo degli alimenti; controllare che l’involucro sia intatto e l’aspetto del cibo sia normale.
In vacanza in aree a rischio: bere acqua e bevande imbottigliate e sigillate, evitare il ghiaccio, usare l’acqua di fonte solo dopo bollitura o l’aggiunta di disinfettante; lavare accuratamente con acqua “sicura” e sbucciare accuratamente le verdure e la frutta prima di consumarle crude; mangiare solo cibi ben cotti e ancora caldi; evitare insaccati, carni crude o poco cotte, uova crude, molluschi e pesci crudi; non usare latte se non bollito e formaggi freschi; non condividere tovaglioli, bicchieri, posate e stoviglie.
In caso di diarrea per contrastare la disidratazione assumere soluzioni reidratanti orali contenenti sali e glucosio. Rispetto alla terapia endovenosa (che va riservata ai casi di disidratazione greve, con impossibilità di bere), la reidratazione orale è più semplice e sicura, meno dolorosa e costosa. Il trattamento antibiotico è richiesto solo in caso di infezione da Shigella e Camphylobacter. Generalmente i farmaci, come antiemetici e antidiarroici, non sono necessari, tuttavia l’uso di probiotici potrebbe ridurre la durata della malattia. Storicamente, il trattamento delle gastroenteriti acuta includeva un periodo di digiuno o una dieta rigorosamente “in bianco”, il che oggi viene considerato del tutto inappropriato: la dieta deve essere quella consueta, normocalorica e bilanciata.