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Benedetto Croce e Portici

Portici, il fertile e pescoso territorio compreso tra Vesuvio e mare, ebbe spesso come ospite il filosofo Croce

di Teodoro Reale

Tra  le famiglie aristocratiche e borghesi che dimoravano a Portici nel periodo estivo nella seconda metà dell’Ottocento vi era quella del magistrato Pasquale Croce, padre del filosofo Benedetto.

I Croce possedevano una villa in via San Cristoforo, posta quasi a metà della strada, attualmente numero civico 54, costituita da un palazzo di due piani con un cortile interno. Nel fondo attiguo, nascosta in un verde aranceto, una villa, sovrastata da un piano ammezzato, a cui si ascende mediante una scala a due rampe.

È lo stesso Benedetto Croce, volgendo il pensiero ai suoi ricordi più remoti in uno scritto autobiografico, intitolato Memorie della mia vita a ricordare la sua dimora in Portici: «Quando mi sforzo di raccogliere i miei più lontani ricordi, non trovo se non l’immagine di una nostra villa a Portici, dove trascorsi parecchio tempo della mia fanciullezza; alcuni fatti paurosi della Comune e delle petroliere del 1871, che sentivo leggere da mio padre sui giornali; e l’eruzione del Vesuvio con la pioggia di cenere del 1872.»

Pochi anni dopo, nel 1874, Pasquale Croce, probabilmente per intercessione della moglie Luisa Sipari, con atto di vendita, datato 22 dicembre, vendette la villa alle monache del Sacro Cuore, rappresentate da Madre Labor, che l’avevano prescelta come sede adatta ad un loro collegio.

Circa venti anni dopo, nel 1894, scorrendo la biografia del filosofo, ritroviamo Portici come luogo prescelto per un duello seguito ad alcune polemiche letterarie, ecco ancora il suo ricordo nelle già citate Memorie della mia vita: «Una delle prime di queste polemiche fu rivolta contro il prof. Zumbini, ed essa m’involse in un’altra con uno scolaro di lui, il prof. Troiano, ch’era per ingegno e cultura superiore assai al maestro. Io avevo in sostanza ragione contro lo Zumbini; ma forse non fui abbastanza abile nella forma. Al mio opuscolo di risposta il Troiano replicò con un altro, contenente contumelie ed offese personali.»

Il Croce si rivolse quindi a un giurì d’onore, presso il quale si offerse spontaneamente di rappresentare i suoi interessi il duca Riccardo Carafa d’Andria, suo vecchio amico.

Le vertenza fu composta, ma non nel modo che Croce giudicò soddisfacente, ma fatto più grave ai suoi occhi fu il vantarsi da parte del Carafa di avergli evitato una umiliazione, viste le menomazioni fisiche riportate dal filosofo durante il terremoto di Casamicciola del 1883, nel quale perirono i suoi genitori e la sorella Maria. di appena tredici anni. Unici superstiti della famiglia, Benedetto e il fratello minore Alfonso.

Per questo motivo il filosofo inviò una lettera all’amico redatta in termini tali che il Carafa si vide costretto a sfidarlo a duello. «E così – racconta Croce a Raffaello Franchini  – fatta in fretta una preparazione da un valente maestro di scherma che era in Napoli, la mattina del 25 aprile, all’alba, in una bella villa di Portici, ebbi il piacere di rivedere come mio nemico l’amico Carafa, e ricevere da lui una gentile ferita sulla guancia, che era cosa naturale da parte di un antico ufficiale di cavalleria verso un letterato aspirante filosofo.»

Il giorno dopo, in data 26/27 aprile 1894 a cura dei rispettivi padrini su Il Mattino veniva pubblicato il seguente verbale: «Oggi ha avuto luogo uno scontro tra il signor Riccardo Carafa d’Andria e il signor Benedetto Croce. Alla quarta messa in guardia il signor Benedetto Croce ha riportato una ferita alla guancia sinistra, che, a giudizio dei medici, impediva il prosieguo dello scontro. Gli avversari, che sul terreno si sono comportati con perfetta cavalleria, si sono stretti lungamente la mano.

Napoli, lì 25 aprile 1895.

Per il Duca d’Andria  Principe di Monteroduni Principe 

Per il cavalier Benedetto Croce Vittorio Pica Giuseppe del Pezzo.»

I rapporti con Bonaventura Zumbini, comunque, rimasero cordiali, e lo stesso Croce verrà a Portici per fargli visita, nella casa dove questi viveva nell’allora via Cassano, che in seguito gli venne intitolata, negli ultimi anni di vita di Zumbini tra il 1911 ed il 1916, come sappiamo da rapide annotazioni nei suoi Taccuini.

Negli stessi anni Croce fece spesso visita allo storico Fausto Nicolini, che villeggiava a Portici. In una di queste occasioni il filosofo, il 20 luglio 1915, vi si recò con l’editore Giovanni Laterza: «È venuto Laterza: la sera sono stato con lui da Nicolini a Portici.»

Infine, il filosofo fu a Portici il 27 luglio 1946.

Come annotò nei Taccuini: «Sono andato con Altavilla ed altri amici a inaugurare la sede di un circolo di professionisti e artisti a Portici, e, dopo il discorso di Altavilla, ho fatto anch’io una chiacchierata rievocando i miei ricordi giovanili di Portici. Sono tornato a Napoli la sera tardi: ho pranzato e sono andato a letto.»

Dopo tale data è probabile che vi siano state sue partecipazione a qualche comizio nel 1948.

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