Cultura

Andrea Camilleri, Eduardo De Filippo e Alfonso Gatto

A pochi giorni dalla scomparsa di Andrea Camilleri, il racconto di una parte della sua vita attraverso gli incontri con grandi personaggi

di  Teodoro Reale

La vita di Camilleri non è stata solo lunga, ma piena di incontri. Tra questi ci piace ricordare in quest’occasione i suoi rapporti con Eduardo De Filippo e Alfonso Gatto.

Dopo averne seguito l’attività teatrale dalla fine degli anni Quaranta, Camilleri conobbe di persona Eduardo negli anni Sessanta, quando venne incaricato dalla RAI di avvicinare il drammaturgo e convincerlo a portare le sue opere in televisione.

Il primo incontro, in compagnia di un altro funzionario della Rai, avvenne l’isola d’Isca, come ha raccontato lo stesso Camilleri in occasione di un ricordo di Eduardo oraganizzato dall’Università La Sapienza di Roma: «Aldo Nicolaj ed io andammo a trovarlo all’isola e fu un viaggio, non dico omerico ma quasi, perché la strada per arrivare a questo Nerano, paese dal quale si partì, era stata tutta interrotta, ci si poteva arrivare solo via mare. Allora ci imbarcammo tutti e due in giacca e cravatta perché dovevamo incontrare Eduardo, ma dopo un quarto d’ora eravamo in condizioni penose, praticamente ci eravamo levati la giacca, la cravatta, la camicia, tutto… Arrivammo in quest’isola, cominciammo a salire, c’erano dei gradini e in mezzo un marinaio seduto, ed ebbi l’impressione che fosse vestito e truccato da marinaio perché era ‘troppo’ marinaio. Mi disse “Eduardo non c’è”. “E dov’è Eduardo?”. “Eduardo è a Positano. Provate a venire nel pomeriggio”. Nel pomeriggio arrivammo, non c’era il marinaio, e così vedemmo Eduardo nel suo habitat splendido, la sua villa. Luca era un bambino; mi ricordo, mi disse era stato troppo in acqua, era cotto dal sole. Fu un pomeriggio straordinario con un Eduardo diverso’, nel suo ambiente, ridemmo da matti.»

Ma non furono tutti incontri piacevoli – è noto infatti il carattere di De Filippo – ma tra i due s’istaurò non solo una grande amicizia e reciproca  fiducia.

Al riguardo ancora una volta il ricordo di Camilleri in un’intervista autobiografica con Saverio Lodato intitolata La linea della Palma: «Quando andò in onda l’ultima puntata, dissi a mia moglie:”Domani scrivo a Eduardo per fargli sapere cosa ha significato per me lavorate sei mesi con lui”. Non ebbi il tempo. L’indomani mattina il postino mi portò una sua lettera. Mi aveva anticipato. Mi scriveva: ”Caro Camilleri, ieri è andata in onda l’ultima puntata, è stata una bella esperienza. Però la cosa più bella è avervi conosciuto. E avere capito che all’interno della RAI ci sono persone con cui uno può stare tranquillo quando lavora. Vi ringrazio di tutto…”. Naturalmente conservo quella lettera, come conservo quella in cui mi scrisse, poco tempo dopo, per ringraziarmi degli articoli introduttivi alle singole trasmissioni che avevo pubblicato sul “Radiocorriere”.»

Andrea Camilleri fu anche amico del poeta salernitano Alfonso Gatto, particolarmente tra la gli ultimi anni Sessanta e fino al 1976, anno della tragica scomparsa del poeta in un incidente d’auto.

A quell’epoca Camilleri e la famiglia erano assidui ospiti dello scrittore Edoardo Sanguineti, che allora insegnava all’Università di Salerno. Sanguineti, Gatto e Camilleri erano militanti nel Pci e partecipavano attivamente alle campagne del partito, specialmente durante le elezioni amministrative del 1975 e le politiche del 1976.

In quel periodo le visite di Camilleri furono numerose, perché nel 1975 Edoardo Sanguineti con il segretario del Pci Franco Fichera e Michele Santoro, si proprio lui, progettava un film documentario che avrebbe dovuto intitolarsi Salerno città di Mare per la regia Andrea Camilleri.

Sempre in quell’anno sui muri della città comparve un manifesto disegnato dall’architetto Roberto Visconti che annunciava la chiusura della campagna elettorale con un comizio proprio di Gatto e Sanguineti.

Di questi rapporti si avverte l’eco nell’intervista in cui Camilleri spiega: «Credo sinceramente che Gatto sia stato il più importante poeta del Novecento dopo Montale e Ungaretti. Lo dico a ragione veduta, perché si era trovata questa straordinaria voce particolare che era proprio una sorta di ritmo cantabile che ti entrava dentro con facilità, e poi dicevi: “Fammelo rileggere”. Il peso delle parole di Alfonso ti arrivava dopo.» E continua ancora Camilleri: «Un po’ come Leopardi, che leggi per la prima volta e scorre via come acqua fresca, “la donzelletta vien dalla campagna”, un attimo dopo ci ripensi e te ne riappropri con un altro peso, un altro senso. Ecco Alfonso apparteneva a questa categoria alta di poesia.»

Ma Camilleri entra anche nel carattere del poeta: «A me divertiva, quando l’ho conosciuto abbastanza bene, perché era incazzoso, si arrabbiava, partiva in quarta però subito si calmava: non è che manteneva la tensione, il livello di scontro continuo si stufava da buon meridionale e mollava le redini. A me questa cosa divertiva da matto, quando assistevo a queste discussioni con Ruggero Jacobbi, che erano una meraviglia.»

E ancora: «Quando si aprì il congresso del Pci di cui non ricordo l’anno, lui recitò la sua poesia meravigliosa “Liberate l’Italia” e la sala fu attraversata dalla commozione… Io mi ricordo le serate bellissime con Vasco Pratolini e Alfonso. Si era profondi ma non c’era bisogno che la cosa fosse a livello di tragedia. Forse era un modo meridionale di affrontare l’esistenza… Coraggio delle proprie opinioni, coraggio di esprimerle, l’amore per la vita, come dice un suo libro “Amore della vita”. Anche per le donne, ma quasi quasi uno oggi si vergogna a dirlo sapendo che c’è chi le ama in maniera diversa da come le amavamo noi. Siamo una generazione diversa.»

Il rapporto con Salerno e con l’amico Alfonso Gatto, se pur simbolicamente è continuato dal 2009, anno in cui Camilleri venne nominato presidente onorario della neonata Fondazione Alfonso Gatto. E Andrea Camilleri se n’è andato il giorno del compleanno di Alfonso Gatto. Una coincidenza?

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