Amedeo Colella, dalla ricerca all’identità
Editore, scrittore, umorista: da vero napoletano Amedeo Colella porta in scena la sua cultura identitaria
Amedeo Colella, napoletano, laureato in Economia nel 1986, si specializza in informatica nei primi anni 90 e lavora come Ricercatore Senior al CRIAI | Consorzio di Ricerca per l’Informatica e l’Automazione Industriale di Portici, centro di ricerca di ingegneria delle telecomunicazioni, promosso dalla Università Federico II. La sua carriera accademica termina nel 2016, quando a 52 anni decide di seguire le sue inclinazioni, lasciandosi alle spalle la certezza di una sicura posizione lavorativa per affrontare l’incerta via della Cultura, a volte spinosa, ma senz’altro per lui più congeniale e appagante.
LoSpeakersCorner ha incontrato Amedeo Colella e gli ha rivolto qualche domanda.
Dalla Federico II all’Università Gennarino II: la tua scelta di vita è stata dettata dalla tua libertà interiore.
Quando lavoravo a Portici nella sede del CRIAI al Granatello – progettata dal grande Vittorio Gregotti – insieme ai miei colleghi spesso l’ora di pranzo la trascorrevamo alla Reggia. Già scrivevo, già ero un’inguaribile curioso, e quell’atmosfera che vivevo negli spazi del Sito Reale mi ammaliavano. Nel Bosco Reale, sia Inferiore che Superiore, ogni giorno facevo una nuova scoperta, come l’albero Ginko Biloba dell’Orto Botanico, che a dicembre perde in brevissimo tempo le sue foglie creando un tappeto d’oro tutto intorno.
Tornando alla domanda, sì, certo, la mia libertà interiore spingeva, ma mi piace pensare che quei luoghi pieni di storia, natura, arte e vicende particolari mi abbiano dato quella motivazione in più per fare il salto e lasciarmi tutto alle spalle.
E cosa volevi fare “da grande”?
Il mio sogno era fare l’editore, è questo è stato il primo obiettivo raggiunto: ho una piccola casa editrice, Cultura Nova Edizioni. Poi volevo scrivere libri, e anche questo l’ho fatto. E poi scavare, immergermi nelle storie e nei miti alla ricerca dell’origine dei modi di dire, per poi ritrovare la realtà storica. Poi è arrivato il teatro e la televisione, che mi regalano l’impatto immediato con il pubblico. Attualmente, sull’emittente Canale21 dal lunedì al venerdì, partecipo al programma condotto da Lino D’Angiò e Alan De Luca #Koprifuoco Adda passà ‘a nuttata, in onda dalle ore 23.
Cos’è per te la napoletanità?
È la marcia in più del popolo partenopeo. Un popolo che se vuole eccelle in tutte le discipline, ha un ingegno che è l’antesignano del problem solving: in ogni campo e in ogni situazione trova sempre ‘a pezz’a culore. Oggi mi diverto a trasmettere questo spirito dei napoletani, nato e affinatosi nel corso dei secoli, influenzato dalle diverse dominazioni che si sono succedute. Greci, francesi, austriaci, spagnoli, altri popoli che hanno lasciato tracce nella fisionomia, nell’idioma, ma soprattutto hanno contribuito a creare un modo d’essere unico al mondo, una vera e propria filosofia.
Amedeo Colella e la cucina. Un’altra tua passione?
Devo dire che non so cucinare, ma a parte il piacere di gustare i piatti napoletani, mi intriga risalire alla loro origine e a quella del loro nome. Dovevo scoprire perché la genovese e la bolognese si fanno solo a Napoli, o da dove derivano i nomi del “sartù” e del “gattò”. Oppure chi ha inventato gli “scialatielli”, o perchè i “paccheri” si chiamano così…